Pensando a come debba trasformarsi la produzione di contenuti per il Web nel prossimo futuro, mi sono trovato a ragionare su come sia già cambiato più volte il modo di scrivere per la Rete.
Chiariamo subito: non presento qui uno studio scientifico corroborato da dati e tabelle. È piuttosto una riflessione aperta, proposta da uno che da oltre 15 anni si occupa di produrre contenuti per siti e social, e contemporaneamente è attento alle trasformazioni del Web e dei servizi che su di esso si basano. Essendo una riflessione aperta, sarò felice di trovare commenti, critiche e punti di vista alternativi con cui confrontarmi.

La scrittura per il Web cambia
Spero di trovare tutti d’accordo che il modo di scrivere per il Web è una caratteristica mutevole, una variabile dipendente da più fattori tra cui i più importanti sono:
- gli obiettivi che si pone chi produce i contenuti
- le evoluzioni tecnologiche
- le abitudini del pubblico online
Chi produce i contenuti è chi fa lo sforzo di scrivere, quindi i suoi obiettivi sono la prima forza in campo. Le evoluzioni tecnologiche e le abitudini del pubblico invece sono due forze che agiscono reciprocamente l’una sull’altra: le innovazioni introducono nuove abitudini nel pubblico. Ma il pubblico può anche decretare l’insuccesso di innovazioni che non gradisce.
Guardando alle mutazioni di questi tre principali fattori nella storia del Web, navigando a memoria, rintraccio tre fasi già vissute. E ne intravedo una quarta.
Le tre età dall’origine a oggi
Distinguo e metto in sequenza le tre fasi per poterle indicare e descrivere. La transizione dall’una all’altra, però, non è certo un evento puntuale. Al contrario si tratta di processi in cui le caratteristiche prima dominanti via via diminuiscono d’importanza lasciando spazio ad altre, magari non del tutto nuove ma decisamente minoritarie prima.
1. Scrivo per fare il Web
La prima fase è la più lunga in termini di tempo. Parte con l’invenzione del Web e il bisogno di costruire sempre più nodi di contenuto per dare forma all’ipertesto globale. Si sviluppa da un avvio pionieristico — in cui solo una ristretta cerchia di accademici e professionisti di organizzazioni tecnologicamente avanzate comprendevano l’utilità di produrre contenuti per la Rete — fino all’affermazione del Web come ambiente dove chiunque, senza troppa fatica, poteva mettere a disposizione di tutti le proprie conoscenze, competenze, passioni.
Nel momento più maturo di questa fase, per esempio, il Web ospita miriadi di forum. Oggi mi capita di imbattermi praticamente solo nelle versioni d’archivio dei forum, quelle bruttine senza grafica con una lista di box in cui è difficile perfino riconoscere le parti citate dai messaggi precedenti. Ma prima, nei forum c’era chi passava ore ad argomentare in dibattiti (profondissimi o risibili, poco importa). Oppure a spiegare a qualche compagno di sventura come operare piccoli interventi sulla propria automobile senza andare dal meccanico.
2. Scrivo per esserci
Progressivamente, alla spinta scientifico-culturale, e in parte anche un po’ altruistica, si associa una nuova forza: quella ego-narcisistica del voler esserci. Nella seconda fase, infatti, il Web è un mondo e fenomeno abbastanza conosciuto, attrae sempre più persone non solo come visitatori, ma anche come produttori di contenuti. Contenuti che magari nulla aggiungono all’utilità generale della Rete, ma soddisfano la voglia di apparire nel nuovo mondo digitale.
È il tempo dell’esplosione della blogosfera, come anche l’hanno chiamata. Qui la tecnologia ha saputo assecondare il desiderio del pubblico di diventare autore, prima con strumenti semplici per produrre il proprio blog, poi meglio ancora con i social network, che da una parte davano corpo alle dinamiche comunitarie e dall’altra facilitavano il lavoro mettendo tutti sullo stesso piano. Grafica e strumenti disponibili uguali per tutti. Il pubblico sfoga la voglia di parlare di sé. E il gestore raccoglie montagne di dati che valgono raccolte pubblicitarie sempre più profittevoli grazie alla segmentazione ora possibile sul pubblico.
Il Web 2.0
Già perché nel frattempo questa seconda fase segna l’affermazione del Web alimentato (economicamente) dalla pubblicità. Con l’abbondanza di contenuti disponibili, solo nicchie di pubblico fortemente motivate pagano per aver accesso a informazioni, di maggior qualità presumibilmente. Gli altri si abituano a fruire gratuitamente di contenuti e a produrne a loro volta, anche senza averne le competenze, magari anche solo in forma di commenti. Dall’interazione con i contenuti si stabilisce poi quel circolo vizioso (ma redditizio per alcuni e rassicurante per le masse), che arriva a perfezione ai giorni nostri, per cui da una parte si diventa bersaglio di pubblicità mirate, e dall’altra si finisce a sentire sempre la stessa campana.
In breve, la seconda fase è già quella del Web 2.0. Del Web che si riassesta dopo lo scoppio della “bolla .com”. Del Web costruito sugli utenti: cioè grazie a contenuti che gli utenti forniscono e che le Compagnie monetizzano.
3. Scrivo per farmi trovare
Nel mare magno di contenuti, oggi è essenziale farsi notare. O più propriamente: farsi trovare. Sia chi vende, per riuscire a portare clienti al suo negozio online, sia chi piazza pubblicità, per portare pubblico ai suoi banner, ha bisogno soprattutto di farsi trovare quando l’utente cerca online. La fase attuale, infatti, è caratterizzata dalla tecnologia dei motori di ricerca, dai loro algoritmi di ranking, e dalle abitudini da questi ingenerate.
La ricerca sempre a portata di mano
Oggi l’approccio tipico al Web è quello della ricerca (searching), mentre l’alternativa dello sfogliare (browsing) è poco praticata, e per lo più all’interno di un singolo sito — a cui quasi sempre si è arrivati tramite una ricerca precedente! E se poi dopo qualche tentativo di esplorazione del menu non ho trovato quello che cercavo, probabilmente arriverò alla pagina giusta passando di nuovo per Google con una ricerca un po’ più specifica. Trovo sconcertante la facilità con cui ricorriamo a Google come soluzione sempre a portata di mano per ottenere qualsiasi informazione…
Per quel che m’interessa soprattutto, questa è la fase della scrittura SEO, ottimizzata per i motori di ricerca e, non di rado, trascurata per i lettori… Proprio qui, infatti, vedo gli elementi di un corto circuito che dovrà essere disinnescato nella prossima fase.
Il corto circuito della scrittura per la SEO
Dicevo della facilità con cui ricorriamo a Google (o altri servizi di ricerca) per trovare risposta ad ogni domanda. È un’abitudine del pubblico che si è consolidata con il passaggio della fruizione del Web da desktop a mobile, grazie agli smartphone che abbiamo sempre pronti all’uso in tasca, se non già in mano. E che viene a essere ulteriormente rafforzata dal mix esplosivo di assistenti virtuali e interfacce vocali, sempre più diffusi. Lo scenario futuro (ma neanche tanto) si presenta così: mi serve un’informazione? La chiedo all’Assistente. Mi serve un consiglio per un locale? Lo chiedo all’Assistente. Ho dimenticato dove ho lasciato il telefono? Lo chiedo all’Assistente che tanto ascolta anche da uno smart speaker in casa. Voglio un appuntamento dal fisioterapista? Dico all’Assistente di prendermelo.
Ora, anche lasciando stare gli ultimi due casi, la scrittura per la SEO se la cava male in questo scenario in cui il pubblico è sempre meno pubblico (cioè lettore, consumatore diretto dei contenuti prodotti) e sempre più utente (cioè fruitore finale delle informazioni raccolte e analizzate dall’Assistente). Questo perché la scrittura per la SEO elabora con più cura le domande (le keyword rispetto a cui ottimizza un articolo) piuttosto che le risposte. Al contrario, gli utenti del Web vogliono sempre più risposte precise, subito accessibili, immediatamente fruibili. Non vogliono leggere mezza pagina di riformulazioni alternative della loro stessa domanda prima di scoprire che magari quella pagina non aggiunge nulla a quanto già sapevano sull’argomento.
Non so a voi, ma a me capita troppo spesso di trovare articoli così, che non apportano nessun contributo informativo utile ma appaiono nelle prime posizioni per una ricerca. Non sono neanche propriamente casi di clickbait, è semplicemente assenza di informazione. Contenuti ottimizzati in ottica SEO, ma inutili per chiunque finisca a leggerli: le risposte non ci sono proprio, oppure sono confuse, imprecise, incomplete.
La prossima fase
In quella che immagino come quarta fase, oggi in gestazione, gli algoritmi dei motori di ricerca dovranno cambiare sensibilmente per premiare i contenuti che danno le risposte migliori più chiare, più efficaci, invece di quelli che coprono meglio le keyword per cui vengono indicizzati.
Il Web degli albori incarnava naturalmente la distinzione tra forma e contenuto, e ciò garantiva facilmente una buona accessibilità ai contenuti per chiunque. Purtroppo, lo sviluppo successivo di tecnologia e contenuti ha portato progressivamente a sfumare questa distinzione, fino a risultati paradossali di siti meravigliosi a vedersi ma assolutamente non accessibili per esempio ai non vedenti.
Sulla falsariga di quella tra forma e contenuto, nella quarta fase della scrittura per il Web, mi aspetto l’introduzione di una separazione tra informazione e ottimizzazione per i motori di ricerca. Qualcosa che si possa esprimere come un cambio di operatore: dalla scrittura per la SEO alla scrittura più la SEO.
Non contenuti scritti per rimasticare le keyword, ma contenuti accompagnati da metadati che istruiscono efficacemente i motori di ricerca su quali informazioni sono presenti in quella pagina, superando così misure approssimative come la densità di keyword.
Questa trasformazione, “accidentalmente”, andrebbe a migliorare anche l’accessibilità, ripristinando una migliore separazione tra forma e contenuto. Se le informazioni, infatti, saranno direttamente accessibili alle macchine, queste potranno riformularle in qualsiasi modo per le più varie esigenze degli utenti.

La scrittura per il Web che verrà
Quali competenze sono necessarie allora per produrre contenuti efficaci in futuro? Vedo due piste parallele su cui muoversi.
Scrivere e descrivere
La prima pista è il più SEO di cui dicevo sopra, cioè la capacità di spiegare ai motori di ricerca (e alle macchine in generale) quali informazioni ci sono nei contenuti. Si può applicare a testo, immagini, video, audio, qualsiasi formato. Presuppone:
- descrizione ricca di metadati per ogni contenuto
- connessione dei contenuti al Web dei dati
I due punti sono strettamente connessi: i motori di ricerca leggono i metadati e più “collezioni” di metadati (vocabolari) consideriamo nel descrivere un contenuto, più quel contenuto diventa significativo per una macchina.
È vero che è una direzione su cui c’è ancora tanto da lavorare. Per esempio, non è banale gestire correttamente i riferimenti a vocabolari di metadati, e ad oggi non ci sono strumenti particolarmente comodi per farlo con i comuni CMS. Ma soprattutto servirà cura nella selezione dei vocabolari e precisione nel collegarsi ad altre risorse nel Web dei dati.
Scrivere bene
La seconda pista va a braccetto con l’abolizione del per SEO, cioè dell’impastare i testi con le keyword per scalare le pagine dei risultati sui motori di ricerca. In concreto, comporta di rendere i contenuti più liberi. Più gradevoli da leggere. Costruiti per essere godibili, letti e apprezzati da chi nel Web vuole restare pubblico e non utente. Ossia chi vorrà leggere per il gusto di informarsi personalmente, senza prendere per oro colato le risposte che arrivano dall’Assistente virtuale.
Per queste persone, la scelta di andare a leggere dev’essere premiata con testi che vanno dritti al punto se promettono di dare risposta a una questione specifica. E soprattutto la risposta dev’esserci, chiaramente riconoscibile e comprensibile.
Per concludere
Non ho nulla contro la SEO. Anzi, sono convinto che sia preziosa, e infatti anche nella mia ipotesi di sviluppo futuro della scrittura per il Web la SEO c’è. Solo che sta tutta dietro ai contenuti. Sta tutta nei metadati e non forza i testi a sbrodolarsi per accumulare densità di keyword. Al contrario, permette agli autori di andare dritti al sodo e presentare secche e dirette le risposte, senza fronzoli. Di rendere un servizio migliore agli utenti, sia lettori che utenti finali dietro un Assistente virtuale.